Da qualche giorno è diventata ufficiale la notizia dell’arrivo di Starbucks in Italia, il colosso del caffè più famoso al mondo che tanto successo ha ottenuto all’estero. Dove? A Milano, ma tranquilli solo nel 2017.
Si vociferava da tempo lo sbarco nel Bel Paese, ma fino ad oggi non era arrivata alcuna notizia ufficiale. Indubbiamente una delle “paure” della stessa azienda era quella di doversi inserire in un luogo in cui caffè significa tradizione, non un’analogia da due lire.
Nel corso di questi anni ho avuto la fortuna di capitare in alcuni paesi in cui Starbucks era presente da diverso tempo. L’esperienza di vendita e di consumazione è totalmente diversa rispetto all’Italia e si discosta molto dal classico concetto di bar.
Come detto prima, nel nostro Paese il caffè è sacro. Rispetto al resto del mondo c’è proprio una tradizione alle spalle e molto spesso ci arrabbiamo se beviamo un caffè di cattivo gusto.
Schultz, il fondatore dell’azienda, è stato chiaro: “Non stiamo venendo in Italia per insegnare agli italiani come fare il caffè. Anzi, dovremo guadagnare il loro rispetto.”
Imparare è forse il concetto a cui punta l’azienda. Non su come vendere, per quello sono molto bravi, ma su come migliorare ed accrescere il valore del proprio prodotto nella sua “Madre patria”.
Qui a Torino di alternative simili ne abbiamo. Vi sono diversi Busters Coffee e vari Exki che hanno ripreso il concetto basilare di Starbucks ampliando chi in un verso e chi in un altro.
Io mi trovo molto a mio agio in queste tipologie di bar 2.0: si studia con relativa calma, si ha una connessione dati quasi sempre funzionante ed in qualche modo riescono a metterti a tuo agio.
Ovviamente non vanno dimenticati tutti i bar di cui il nostro Paese vive. Sfido chiunque di voi a dirmi che almeno una volta al giorno non passi a prendere un caffè, un cornetto o anche un semplice pacchetto di gomme da masticare in un bar.
Tuttavia quest’ultima tipologia è molto più vicina ad una popolazione “grande” quanto lontana dai giovani di questo periodo. Lavorare o studiare oggi in un bar per noi ragazzi è molto più semplice e comune. Provate invece a porre la domanda ad una persona di 50/55 anni (oggi), la penserà esattamente all’opposto di voi.
Si chiama evoluzione, ma non per questo Starbucks in Italia distruggerà i vari bar. Darà una semplice alternativa di valore in più da cui comunque doversi guardare.
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